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Fabbro

In via Chiancalata c’erano diverse botteghe di fabbro (f’rrer): si trattava di fucine dalle pareti annerite dal fumo in cui troneggiava un gigantesco mantice di legno, ferro e cuoio. Esso veniva azionato dal garzone tirando una catena ed aveva un’ autonomia di alcuni minuti grazie ad una lunga cannula in ferro che dosava la fuoriuscita di aria e la orientava verso i carboni che ardevano sul bancone mentre il maestro vi arroventava il ferro e lo forgiava sull’incudine, usando martelli e tenaglie di dimensioni diverse.

Numerosi anziani che durante l’infanzia erano stati garzoni di fabbri, ricordano con sorrisi amari lanci di martelli e tenaglie a loro indirizzo da parte del maestro, quando non attivavano tempestivamente il mantice nel delicato momento della forgia.

I fabbri erano artigiani che producevano una vasta gamma di manufatti: trespoli per il letto, alari, chiodi, fornelli, serrature, chiavi, catenacci, lame per gli aratri, falci, camastre, ma anche inferriate, ringhiere, letti, ferri di cavallo…

Il fabbro era, infatti, anche maniscalco. Ferrava, cioè, i cavalli per proteggere lo zoccolo. Per fare ciò utilizzava l’incastro (un attrezzo che serviva per pareggiare l’unghia dello zoccolo), martelli, tenaglie, chiodi e torcinasi per gli animali irrequieti. Durante il tempo delle trebbiature i maniscalchi ferravano anche di notte per aiutare i contadini a salvaguardare la salute dei muli.

I contadini si rivolgevano a questi artigiani anche quando le propre bestie avevano dei problemi, infatti curavano le ferite, assistevano durante il parto degli animali, sterilizzavano i maiali alla stregua dei veterinari.

A Matera erano molto richiesti durante la preparazione delle sfilate per la ‘Festa della Bruna’, il 2 luglio: agli zoccoli dei cavalli vanivano applicati ferri particolari e ‘scarpe’, per non scivolare sui lastroni delle strade della città.

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