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Il fidanzamento: l’amore dopo il matrimonio.

di | Riti e tradizioni, Temi culturali

In passato, il fidanzamento costituiva il preludio alla realizzazione della propria indipendenza dalla famiglia di origine.

La scelta matrimoniale, però, non dipendeva dalla volontà dei contraenti, per motivi diversi, a seconda della classe sociale di appartenenza. I “signori” imponevano ai propri figli i “partiti” più vantaggiosi dal punto di vista economico; i ragazzi del popolo, privi di qualsiasi esperienza sentimentale, concepivano l’amore solo come soddisfazione dei bisogni sessuali ed affidavano volentieri ad altri il compito di risolvere tale questione. Una solida barriera di pregiudizi sociali contribuiva a rendere difficoltosi i rapporti fra i giovani dei due sessi, per cui era raro che si intrecciassero storie d’amore o ci fosse spazio per le schermaglie sentimentali nella vita quotidiana, segnata dall’ingenuità e dall’abbrutimento della fatica incessante. Le ragazze, che molto presto imparavano a tessere le stoffe per il corredo, pur desiderando l’esperienza matrimoniale, reprimevano gli atteggiamenti volti a suscitare l’attenzione dei possibili pretendenti, nel timore di compromettere la propria reputazione e rischiare di rimanere “zitelle”. L’ansia di non poter raggiungere tale meta traspariva, però, dalle diffuse pratiche superstiziose con le quali cercavano di interrogare il destino e, all’occorrenza, di forzarlo con “fatture” che avevano lo scopo di legare a sè un eventuale pretendente.

Generalmente, era una figura femminile a combinare il matrimonio: la madre o qualche parente prossima. Il rigoroso controllo sociale consentito dalla vita nel vicinato favoriva l’individuazione della ragazza più adatta e il successivo “discorso” con il ragazzo al quale si segnalava l’opportunità di crearsi una famiglia propria. Il maschio delegava; la ragazza prescelta accettava passivamente, in quanto un suo eventuale rifiuto sarebbe risultato una imperdonabile mancanza di rispetto nei confronti dei genitori. Nessun interesse emotivo, nessun impulso romantico, quindi, segnava l’inizio del rapporto di coppia.

Il fidanzamento ufficiale era preceduto dal “parlamento”: i genitori dei due giovani si incontravano nella casa di una famiglia neutrale, cioè non imparentata strettamente con gli uni o con gli altri, e stabilivano la consistenza della dote di entrambi. Veniva redatto un documento scritto, spesso con l’aiuto di un conoscente “letterato”, che era noto come “la carta della zita” ed era l’equivalente dei “capitoli”, contratti matrimoniali stipulati presso le famiglie signorili.

La donna portava in dote la biancheria personale, i vestiti, le lenzuola, le coperte, i materassi ed una cassapanca; l’uomo doveva ugualmente provvedere ai propri indumenti e a qualche mobile; quando era possibile, riceveva dai genitori alcuni attrezzi da lavoro, sementi e l’affitto di un campo di grano per un anno. Queste erano considerate le basi fondamentali per l’economia del nuovo nucleo familiare.

Alcuni giorni dopo il “parlamento”, avveniva la cerimonia della “trasuta”, cioè il vero e proprio fidanzamento segnato dal dono di un anello. Per l’occasione si preparavano biscotti da offrire con il vino agli invitati, parenti e conoscenti vari. Non era raro che i due futuri sposi si incontrassero per la prima volta proprio in questa occasione, imbarazzati e intimiditi dagli sguardi indagatori dei presenti. Dopo questa cerimonia, era loro consentito di incontrarsi ed uscire nei giorni di festa, sempre accompagnati da qualche parente della ragazza che esercitava un’attenta sorveglianza affinchè non restassero da soli e non avessero, di conseguenza, la possibilità di scambiarsi effusioni o confidenze intime, compromettendo la reputazione della futura sposa.

Il giorno prima del matrimonio, le famiglie procedevano ad un accurato controllo delle reciproche doti: nel caso non fossero stati rispettati gli impegni assunti (cosa non infrequente, data la tendenza euforica dei poveri contadini e dei pastori a promettere più di quanto potessero permettersi, per nascondere la propria miseria o cedere alle richieste dei figli), si poteva giungere alla rottura del fidanzamento. In tempi più recenti, e fino agli anni 60 del XX sec., si osservava anche la consuetudine di esporre il corredo di entrambi i giovani, per ostentare l’impegno onorato ed estenderne il controllo ad amici e conoscenti.

Il matrimonio dei numerosi figli causava, inesorabilmente, un progressivo impoverimento dei genitori, condannati a vivere in una condizione di stabile miseria, al contrario dei benestanti che, per la consuetudine maggiorascale, avevano la possibilità di vedere accresciuto e consolidato il proprio patrimonio.

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