La gran parte dei contadini viveva nelle grotte o, più tardi, in un ‘lamione’ posto a pianterreno e costituito da un solo vano, illuminato ed aerato dalla porta d’ingresso e da un finestrino sistemato sulla sommità della porta stessa.
La stalla era tutt’uno con l’abitazione degli uomini: a volte la mangiatoia era tanto vicina ai letti che, durante la notte, non era cosa insolita che i muli posassero il muso sul letto del padrone.
Il mobilio era semplice: in un angolo troneggiava il letto col materasso pieno di foglie secche di granturco, tanto maestoso che, per salirvi occorreva far ricorso ad una sedia.
Accanto al letto c’era un cassettone per la biancheria o un comò a più tiretti sul quale venivano sistemate una o più campane di vetro, contenenti i santi protettori, e molte fotografie dei parenti, vivi e defunti.
In altre parti dell’unico vano erano sistemati: un cassone di legno, contenente il grano e la biada; un tavolo (b’ffett) con un cassetto, in cui si riponevano la tovaglia a fasce colorate e le posate coperte di stagno; alcune sedie col fondo di paglia intrecciata; qualche sgabello di legno (chiancodd); vari attrezzi da lavoro (zappe, falci…).
I letti dei figli e dei nonni venivano isolati con tende di stoffa.
Non mancavano le galline, il gatto, il cane e, a volte, anche il maiale.
La parte anteriore della grotta era occupata dalla cucina o da un rudimentale focolare con ampia cappa.
Sul letto venivano sistemati quadri con rappresentazioni religiose
In fondo al vano era visibile l’accesso alla stalla buia, che emanava sempre un cattivo odore.