Strutture caratteristiche del Mezzogiorno erano le masserie, in cui si svolgevano attività agricole e zootecniche.
Esse vivevano di una propria organizzazione autonoma e alla loro conduzione provvedevano più persone, fra le quali vigeva una rigida gerarchia.
All’apice c’erano il massaro delle pecore e quello delle terre; seguivano il capo morra (una morra consisteva in un gregge di 200-250 pecore), il casiere, addetto alla confezione dei formaggi, e i pastori, ciascuno dei quali sorvegliava una morra di pecore.
L’ultimo gradino di questa scala gerarchica era occupata dai ragazzi, i quali spesso erano oggetto di maltrattamenti e violenze da parte dei pastori adulti.
I pastori conducevano una vita non dissimile da quella degli animali che portavano al pascolo; costretti a vivere negli ovili, solo ogni quindici giorni potevano raggiungere i famigliari per approvviggionarsi di cibo e di indumenti puliti.
Essi, oltre ad un piccolo salario, ricevevano il vitto e, a volte, il privilegio di condurre al pascolo alcune pecore di loro proprietà, insieme a quelle del padrone.
Due avvenimenti caratterizzavano, nel corso dell’anno, la vita dei pastori: la transumanza e la tosatura.
La vita del pastore al pascolo aveva interminabili tempi di silenzio e di solitudine, quasi sempre colmati da lavori di intaglio del legno.